Cinquant’anni sono un periodo
di vita abbastanza lungo. Però il tempo passa in fretta per tutti, e
particolarmente per chi è avanti con gli anni come il sottoscritto, le cose
vissute in gioventù ci sembrano accadute l’ altro ieri. Fatta questa “romantica” premessa vorrei ricostruire alcuni fatti e narrare i ricordi
personali dell’alluvione del novembre del 66 nel nostro territorio. Era passato
poco più di un anno dalla prima distruttiva
“ montana” del settembre 65.
Quando il 3-4-5 del mese di Novembre tutto il Comelico, anzi tutta la provincia
di Belluno fu investita da una pioggia torrenziale con abbondanti nevicate in
alta montagna, neve che poi si sciolse per l’ alzarsi della temperatura ed andò
ad ingrossare i corsi d’ acqua a dismisura.
Il Piave nel tratto che
attraversa l’ abitato di Mare non fece danni nella parte orografica di destra
(verso le case ).
Infatti erano già stati
costruiti dei gabbioni con rete metallica riempiti di sassi a protezione dell’
abitato. Committente dei lavori fu il Genio Civile di Belluno e le opere furono realizzate dall’impresa Ciotti
di Pieve di Cadore. I danni furono causati sulla sponda opposta verso Paschèr, dove ancora non erano state
costruite le attuale arginature.
Vennero travolti alcuni
fienili, ricordo in particolare quelli di:
Tavio e Luca Bòla.
Anche il cimitero di Piöndarin fu danneggiato, con lapidi rovesciate o asportate dalle colate di
fango.
Il Rio Rin che scende da
Costalta debordò dal proprio letto
allagando con fango e detriti tutta la via e le prime case lungo via Piave
sulla nazionale.
Poi sfogò aldilà del
ponte causando una voragine sulla strada
statale e si incuneò tra la case dei consorti
Comis creando un
“solco” di parecchi metri di profondità.
Per chi doveva recarsi a
piedi a Campolongo o a Santo Stefano era stata messa una piccola scala di legno
per poter “baipassare” la voragine
causata dall’esondazione del corso d’ acqua.
Fu danneggiata l’occhialeria
di Cesco Arminio (Mimi) che ebbe i
locali al piano terra ed il seminterrato riempiti di ghiaia e melma. La casa
attuale della famiglia Comis aveva le
fondamenta letteralmente scoperte dall’ erosione dell’ acqua. La casa di Tilio
Campanaro ( Attilio De Pol ) aveva
le adiacenze del piano sottostrada riempite dai detriti.
Anche la statale Val
Degano aveva uno strato di fango e
detriti di circa 10/15 cm. fino a 80/100 metri dal bivio per San Pietro. I
piani terra e sottostrada delle case situate nei pressi di piazza Garibaldi a
Mare furono riempiti di limo. A casa mia nelle cantine e garage del piano
sottostrada c’era uno strato di 20/30 centimetri.
Passata la grande
perturbazione atmosferica e ritornata un po’di quiete, sul posto sono
intervenuti anche gli Alpini che hanno
dato una mano a rimuovere la mota dalle case.
C’è stata pure la solidarietà
dei paesani che non avevano la casa alluvionata, ricordo in particolare Tita Bissa e Dilio d Benia che ci hanno aiutato nella ripulitura dei
locali. ( Sono favori che non si posso dimenticare anche se sono trascorsi dieci
lustri).
Spostandoci verso Presenaio a
Cima Mare una frana originata sul costone dietro il fabbricato aveva
danneggiato l’occhialeria TAL di Tabacchi Alessandro.
Presenaio è stato il paese
più colpito della vallata ha avuto una dozzina di case completamente distrutte.
( in totale nelle due alluvioni 65-66
nel nostro Comune furono distrutte
32 case e 4 segherie, mentre 254 persone rimasero senza tetto ).
Le località subito dopo il
ponte, (Parnèidoi) e la borgata di Vilavecia furono le più colpite dalla piena del Piave. In tale
frangente ha perso la vita Luigi De Zolt
di Arrigo di anni 22 ( Gigetto )
travolto da una frana nei pressi dal gió
d Furia ( rio Terza) che scende
da Bariute.
Proseguendo verso Ponte
Cordevole (Cordól) ci sono stati dei
danni agli impianti della miniera di Salafossa la quale rischiò di dover
sospendere la produzione perché il collegamento con Sappada era interrotto,
pure la strada della Valle era chiusa e in un primo momento era pure la chiusa
la strada per Monte Croce. Il Comelico era isolato e senza servizi postali e di
trasporto pubblico con acquedotti e fognature fuori uso in molti paesi.
Venne celermente aperta la
provinciale Danta Passo San Antonio Auronzo, la quale permetteva il transito di
autovetture e piccoli furgoni, ma non
camions e corriere.
I fabbricati della Pertusola
uso uffici e magazzino erano stati
anch’essi danneggiati dalla piena del
Piave.
Ponte Cordevole aveva
cambiato fisionomia, ll ponte che collegava la segheria Quatter completamente asportato, la segheria sommersa dalla ghiaia.
Le case di Dante e Bandöta d Cordól danneggiate dai due corsi d’acqua e dalle frane.
La segheria di mio padre ( Ginio Battiston ) situata cento metri
più in la sul lato destro della strada per Sappada era stata sommersa da una
frana staccatasi dal costone boscato sovrastante. Era rimasta intatta solo la
cabina elettrica che si trovava e si trova tuttora su un piccolo colle dietro
la case, la stessa è tuttora ben visibile per chi transita da quelle parti. La
bella e nuova strada dal Cianà riammodernata e completamente asfaltata
alcuni mesi prima dall’ impresa Monti di Auronzo, in occasione della XV festa della montagna che si era tenuta il
28 di Agosto del 1966 a
Prà Marin era stata asportata in più
punti. In località Fontane era stata completamente distrutta la segheria di “Campanaro
“ F.lli De Pol ( Ginio e Genaro ).
In località Cunettone e a
Santo Stefano le strade furono invase da fango e detriti, a Campolongo
il torrente Frison aveva
asportato la strada che sale a Forcella
Lavardet. ( A tuttoggi non completamente
ripristinata ).
Frane ci furono in tutti i
paesi della vallata, a Santo Stefano ci fu una vittima e a Dosoledo nel comune
di Comelico Superiore ci sono stati 2 morti.
Data l’ immane distruzione
che ebbe un’ eco anche sui mezzi di
comunicazione nazionali, il giorno 21 di
novembre ha fatto visita al nostro Comune, con sopralluogo alla frazione
di Presenaio l’ on/le Aldo Moro Presidente del Coniglio dei Ministri, accompagnato
dal Prefetto di Belluno dott. Petroccia.
In tale occasione egli volle
far visita e portare conforto alla famiglia e in particolar modo alla mamma di Gigetto De Zolt.
La frazione di Costalta che
allora contava ottocento abitanti aveva subito parecchie frane e la strada di
accesso era interrotta, data la particolarità della posizione geografica e la
morfologia del terreno subito dopo il fatto calamitoso venne eseguita una perizia da parte del geologo di Stato
dott.Valdinucci.
Le conclusioni dell’esame
peritale furono: divieto di ulteriori edificazioni per non appesantire
ulteriormente il costone sul quale è adagiato il paese.
Tutte le case furono
verificate nella loro staticità dal geom. Rotelli del Genio Civile di Belluno.
Si era addirittura ipotizzato
lo spostamento del paese a Cróne /Col da Vara.
Alcuni anni dopo, anche a
seguito dei lavori di asfaltatura delle strade che hanno permesso di
convogliare l’ acqua piovana nei punti desiderati e del drenaggio delle acque
di falda fatti dai Servizi Forestali, il provvedimento fu prima mitigato e poi
definitivamente ritirato.
Se posso; vorrei inserire una
nota personale a questo evento disastroso. Il lunedì successivo ( era il primo
fine settimana di novembre ) sono partito da casa di buon mattino con una
borsa/zaino sulle spalle con dentro pochi effetti personali ed in cambio della
biancheria per una settimana.
Dovevo recarmi a Pieve di
Cadore dove avevo da poco iniziato a lavorare in banca. Ho camminato fino a
Danta, poi li ho trovato un passaggio fino a Lozzo e da li con un altro mezzo
di fortuna sono arrivato al lavoro a Pieve alle tre del pomeriggio.
Non dobbiamo dimenticare che
data la forte impressione che suscitò
nell’opinione pubblica dell’epoca l’ alluvione del 66, il Comune di San Pietro
ebbe molte manifestazioni di solidarietà
e di beneficenza da parte di Comuni della pianura, da associazioni italiane ed
estere, da industrie produttive e
persino da partiti politici. Furono donati al Comune una Land Rover 109,
vestiario, denaro e ogni genere di prima necessita, tanto è vero che
il nostro municipio in quei mesi si era trasformato in un grande magazzino.
Questi alcuni miei ricordi di quel triste avvenimento che causò
gravi lutti e distruzioni di patrimonio immobiliare e non solo, in molte parti
d’Italia.
Le città di Firenze e Venezia
con i loro beni artistici e culturali,
allora fortemente danneggiati, sono tuttora periodicamente ricordate da TV e stampa
per quel drammatico avvenimento del novembre 1966.
Gian
Antonio Casanova Fuga
Nessun commento:
Posta un commento