lunedì 6 marzo 2017

L' ALLUVIONE NEL NOVEMBRE 1966




Cinquant’anni sono un periodo di vita abbastanza lungo. Però il tempo passa in fretta per tutti, e particolarmente per chi è avanti con gli anni come il sottoscritto, le cose vissute in gioventù ci sembrano accadute l’ altro ieri. Fatta questa  “romantica” premessa vorrei  ricostruire alcuni fatti e narrare i ricordi personali dell’alluvione del novembre del 66 nel nostro territorio. Era passato poco più di un anno dalla prima distruttiva  montana” del settembre 65. Quando il 3-4-5 del mese di Novembre tutto il Comelico, anzi tutta la provincia di Belluno fu investita da una pioggia torrenziale con abbondanti nevicate in alta montagna, neve che poi si sciolse per l’ alzarsi della temperatura ed andò ad ingrossare i corsi d’ acqua a dismisura.
Il Piave nel tratto che attraversa l’ abitato di Mare non fece danni nella parte orografica di destra (verso le case ).
Infatti erano già stati costruiti dei gabbioni con rete metallica riempiti di sassi a protezione dell’ abitato. Committente dei lavori fu il Genio Civile di Belluno e le  opere furono realizzate dall’impresa Ciotti di Pieve di Cadore. I danni furono causati sulla sponda opposta verso Paschèr, dove ancora non erano state costruite le attuale arginature.
Vennero travolti alcuni fienili, ricordo in particolare quelli di: Tavio e Luca Bòla.
Anche il cimitero di Piöndarin fu danneggiato, con  lapidi rovesciate o asportate dalle colate di fango.
Il Rio Rin che scende da Costalta  debordò dal proprio letto allagando con fango e detriti tutta la via e le prime case lungo via Piave sulla nazionale.
Poi sfogò aldilà del ponte  causando una voragine sulla strada statale e si incuneò tra la case dei consorti  Comis creando  un  “solco” di parecchi metri di profondità.
Per chi doveva recarsi a piedi a Campolongo o a Santo Stefano era stata messa una piccola scala di legno per poter “baipassare”  la voragine causata dall’esondazione del corso d’ acqua.
Fu danneggiata l’occhialeria di Cesco Arminio (Mimi) che ebbe i locali al piano terra ed il seminterrato riempiti di ghiaia e melma. La casa attuale della famiglia Comis aveva le fondamenta letteralmente scoperte dall’ erosione dell’ acqua. La casa di Tilio Campanaro  ( Attilio De Pol ) aveva le adiacenze del piano sottostrada riempite dai detriti.
Anche la statale Val Degano  aveva uno strato di fango e detriti di circa 10/15 cm. fino a 80/100 metri dal bivio per San Pietro. I piani terra e sottostrada delle case situate nei pressi di piazza Garibaldi a Mare furono riempiti di limo. A casa mia nelle cantine e garage del piano sottostrada c’era uno strato di 20/30 centimetri.
Passata la grande perturbazione atmosferica e ritornata un po’di quiete, sul posto sono intervenuti anche  gli Alpini che hanno dato una mano a rimuovere la mota dalle case.
C’è stata pure la solidarietà dei paesani che non avevano la casa alluvionata, ricordo  in particolare Tita Bissa e Dilio d Benia  che ci hanno aiutato nella ripulitura dei locali. ( Sono favori che non si posso dimenticare anche se sono trascorsi dieci lustri).
Spostandoci verso Presenaio a Cima Mare una frana originata sul costone dietro il fabbricato aveva danneggiato l’occhialeria TAL di Tabacchi Alessandro.
Presenaio è stato il paese più colpito della vallata ha avuto una dozzina di case completamente distrutte. ( in totale nelle due alluvioni 65-66  nel nostro Comune furono distrutte  32 case e 4 segherie,  mentre  254 persone rimasero senza tetto ).
Le località subito dopo il ponte, (Parnèidoi) e la  borgata di Vilavecia furono le più colpite dalla piena del Piave. In tale frangente ha perso la vita  Luigi De Zolt di Arrigo di anni 22 ( Gigetto ) travolto da una frana nei pressi dal gió d Furia ( rio Terza) che scende da Bariute.
Proseguendo verso Ponte Cordevole (Cordól) ci sono stati dei danni agli impianti della miniera di Salafossa la quale rischiò di dover sospendere la produzione perché il collegamento con Sappada era interrotto, pure la strada della Valle era chiusa e in un primo momento era pure la chiusa la strada per Monte Croce. Il Comelico era isolato e senza servizi postali e di trasporto pubblico con acquedotti e fognature fuori uso in molti paesi.
Venne celermente aperta la provinciale Danta Passo San Antonio Auronzo, la quale permetteva il transito di autovetture e piccoli  furgoni, ma non camions e corriere.
I fabbricati della Pertusola uso uffici e magazzino  erano stati anch’essi danneggiati dalla piena  del Piave.
Ponte Cordevole aveva cambiato fisionomia, ll ponte che collegava la segheria Quatter completamente asportato, la segheria sommersa dalla ghiaia.
Le case di Dante e Bandöta d Cordól danneggiate dai due corsi d’acqua e dalle frane.
La segheria di mio padre ( Ginio Battiston ) situata cento metri più in la sul lato destro della strada per Sappada era stata sommersa da una frana staccatasi dal costone boscato sovrastante. Era rimasta intatta solo la cabina elettrica che si trovava e si trova tuttora su un piccolo colle dietro la case, la stessa è tuttora ben visibile per chi transita da quelle parti. La bella e nuova strada dal Cianà  riammodernata e completamente asfaltata alcuni mesi prima dall’ impresa Monti di Auronzo, in occasione della  XV festa della montagna che si era tenuta il 28 di Agosto del 1966 a Prà Marin era stata asportata in più punti.  In località Fontane era stata completamente distrutta la segheria di “Campanaro “ F.lli De Pol  ( Ginio e Genaro ).
In località Cunettone e a Santo Stefano le strade furono invase da fango e detriti,  a Campolongo  il torrente Frison  aveva asportato  la strada che sale a Forcella Lavardet. ( A tuttoggi non completamente  ripristinata ).
Frane ci furono in tutti i paesi della vallata, a Santo Stefano ci fu una vittima e a Dosoledo nel comune di Comelico Superiore ci sono stati 2 morti.
Data l’ immane distruzione che ebbe  un’ eco anche sui mezzi di comunicazione nazionali, il giorno 21 di  novembre ha fatto visita al nostro Comune, con sopralluogo alla frazione di Presenaio l’ on/le Aldo Moro Presidente del Coniglio dei Ministri, accompagnato dal Prefetto di Belluno dott. Petroccia.
In tale occasione egli volle far visita e portare conforto alla famiglia e in particolar modo alla mamma di Gigetto De Zolt.
La frazione di Costalta che allora contava ottocento abitanti aveva subito parecchie frane e la strada di accesso era interrotta, data la particolarità della posizione geografica e la morfologia del terreno subito dopo il fatto calamitoso venne eseguita  una perizia da parte del geologo di Stato dott.Valdinucci.
Le conclusioni dell’esame peritale furono: divieto di ulteriori edificazioni per non appesantire ulteriormente il costone sul quale è adagiato il paese.
Tutte le case furono verificate nella loro staticità dal geom. Rotelli del Genio Civile di Belluno.
Si era addirittura ipotizzato lo spostamento del paese a  Cróne /Col da Vara.
Alcuni anni dopo, anche a seguito dei lavori di asfaltatura delle strade che hanno permesso di convogliare l’ acqua piovana nei punti desiderati e del drenaggio delle acque di falda fatti dai Servizi Forestali, il provvedimento fu prima mitigato e poi definitivamente ritirato.
Se posso; vorrei inserire una nota personale a questo evento disastroso. Il lunedì successivo ( era il primo fine settimana di novembre ) sono partito da casa di buon mattino con una borsa/zaino sulle spalle con dentro pochi effetti personali ed in cambio della biancheria per una settimana.
Dovevo recarmi a Pieve di Cadore dove avevo da poco iniziato a lavorare in banca. Ho camminato fino a Danta, poi li ho trovato un passaggio fino a Lozzo e da li con un altro mezzo di fortuna sono arrivato al lavoro a Pieve alle tre del pomeriggio.
Non dobbiamo dimenticare che data la forte impressione che  suscitò nell’opinione pubblica dell’epoca l’ alluvione del 66, il Comune di San Pietro ebbe molte  manifestazioni di solidarietà e di beneficenza da parte di Comuni della pianura, da associazioni italiane ed estere, da industrie  produttive e persino da partiti politici. Furono donati al Comune una Land Rover 109, vestiario, denaro  e ogni  genere di prima necessita, tanto è vero che il nostro municipio in quei mesi si era trasformato in un grande magazzino.
Questi alcuni miei  ricordi di quel triste avvenimento che causò gravi lutti e distruzioni di patrimonio immobiliare e non solo, in molte parti d’Italia.
Le città di Firenze e Venezia con i loro beni artistici  e culturali, allora fortemente danneggiati, sono tuttora periodicamente ricordate da  TV e stampa  per quel drammatico avvenimento del novembre 1966.

                                                           Gian Antonio Casanova Fuga 



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