martedì 16 gennaio 2018

LANCIO DEL MISSILE FATTO IN CASA



Era l’ anno 1957 e dalla radio e sui giornali ( in modo particolare sulla “ Domenica del Corriere” ) che era  il settimanale più letto in Italia, apparivano da qualche tempo  dei servizi giornalistici sui lanci dei missili Sputnik da parte dell’ Unione Sovietica. Infatti, proprio nel novembre dello stesso anno era stata inviata nello spazio la cagnetta Laika primo essere vivente a provare l’emozione di gravitare nell’ orbita terreste. Anche gli americani che non volevano essere da meno dei sovietici avevano  intensificato questi tipi di  esperimenti con un loro vettore denominato “Jupiter”
Noi ragazzini eravamo affascinati da tali imprese ed un bel giorno ci balenò l’ idea di realizzare anche noi un missile e provare a lanciarlo. All’ epoca in via Piave a Mare nel garage di proprietà di Livio Danpolin c’ era l’ officina meccanica gestita da Ivo Pontil Scala e dal figlio maggiore Rino, il quale ci  aiutò a ricavare da un vecchio tubo di scappamento un missile alto circa una quarantina di centimetri. Il nostro “prototipo” aveva una perfetta punta ed era sollevato da terra circa cinque centimetri mediante la saldatura di tre alette direzionali, Era stato dipinto con dello smalto rosso e portava sul corpo centrale la scritta bianca “ Jupiter .“ In quell’ estate era ospite  presso la famiglia di Gigetto Pradetto Battel un loro conoscente di qualche anno più vecchio di noi, egli frequentava i primi anni di chimica in un istituto tecnico di  Milano e ci insegnò a realizzare un propellente per far decollare il missile.  Con la “complicità” di Ernesto Riva  ( figlio del farmacista ) riuscimmo a procuraci gli ingredienti per la miscela propulsiva che doveva essere collocata all’ interno del missile. Un bel giorno di settembre  io, Ernesto e Gigetto  pensammo che era giunto il momento di “testare” il nostro lavoro. Inserito il combustibile  (una miscela di zolfo e potassio)  all’ interno del missile, posizionammo il “vettore” sulla base di lancio, (si trattava di un “zuco”di legno alto una trentina di centimetri ) e dotatolo di adeguata miccia demmo fuoco alle polveri. Avemmo il buon senso di ripararci all’ interno della cantina e attraverso una fessura osservare l’ esito del nostro esperimento. A un certo punto ci fu un botto simile ad un bomba ed il nostro missile si alzò per alcuni metri da terra, fummo fortunati perché non volarono schegge metalliche, anche se il missile ridiscese a terra completamente fessurato ed in alcuni punti aperto dalla forza esplosiva sprigionata dallo scoppio della polvere chimica. Noi ce la cavammo con un buon spavento ed una “necessaria “ bugia da raccontare ai genitori che ci chiedevamo spiegazioni sul forte botto udito anche da loro. Inventammo lì per lì la scusa che si stava giocando con il carburo, all’epoca molto in voga nei giochi dei ragazzini. Naturalmente  avevano ragione di preoccuparsi i nostri genitori, queste cose non andavano e non vanno fatte perché avrebbero potuto causare degli infortuni con danni fisici irreversibili da sopportare per tutta la vita. In quella occasione fummo fortunati e dopo tanti anni possiamo confessare la pericolosa marachella, raccomandando ai ragazzi di oggi di non provare mai esperienze simili.

                                                                  Gian Antonio Casanova Fuga

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