sabato 16 maggio 2020

IL FUTURO URBANISTICO DELLA NOSTRA MONTAGNA



                   Seconde case solo su immobili preesistenti e conservazione
                   delle poche zone non edificate

         Da cittadino amante della propria terra vorrei esprimere alcune considerazioni in merito alla qualità paesaggistica e alla conseguente destinazione urbanistica dei nostri paesi e vallate nel prossimo futuro.
             Da oltre un ventennio assistiamo ad un’accelerazione del fenomeno di lottizzazione, edificazione e vendita di seconde case, con costruzioni di condomini le cui unità immobiliari sono progettate con superfici ridotte, perché più facilmente commerciabili.
            I terreni che prima erano destinati a prato, anche se molte volte incolti o non ben coltivati sono stati cementificati, e i progetti dei fabbricati in corso di costruzione consegnati alle agenzie immobiliari per la vendita “ sulla carta “ come seconde case.
 .           Ebbene, questo modo di procedere, se da un lato ha offerto possibilità di lavoro agli operatori del ramo edile e di ottimi guadagni per chi ha venduto i fondi per il rifabbrico, (oltre ad aver portato agli enti locali parecchi soldi per rilascio dei permessi di costruzione) dall’ altro lato  ha avuto come contropartita la vendita, o meglio la  svendita del territorio, con implicazioni di non poco conto sul quel  modo di vivere semplice, fatto di mestieri e occupazioni tradizionali, di relazione tra le persone improntate alla solidarietà tipiche della gente che vive nelle valli montane.
            Questo fenomeno di continua espansione edilizia non rapportato alla popolazione residente, tanto  è vero che in certi paesi i vani disponibili sono il doppio o il triplo degli abitanti, ha come conseguenza l’ impoverimento materiale ed immateriale degli abitanti della montagna.
             Inoltre, l’aumento dei prezzi al metro quadro delle abitazioni esistenti, dovuto al rifabbrico intensivo, porta il valligiano a non essere più in grado di far fronte alle spese di successione e/o divisione tra  consorti a seguito della  morte dei familiari.
            Quindi, lo stesso è costretto a vendere gli immobili ereditati e spostarsi in zone meno pregiate sotto il profilo urbanistico.
            Le suddette considerazioni mi portano ad auspicare che sarebbe opportuno, d’ora in avanti, permettere la trasformazione in seconde case unicamente di immobili preesistenti, disincentivando la costruzione di fabbricati ex novo a destinazione appartamenti per vacanze.
             Le nuove costruzioni su zone con terreni “vergini”ovvero privi di opere di urbanizzazione dovrebbero comprendere solamente alberghi o strutture ricettive a servizio del turismo, di modo che la loro realizzazione sia finalizzata alla creazione di posti di lavoro in loco per i residenti.
            Fra poco saranno completate le formalità per il censimento nel catasto fabbricati dei “tabià” che hanno perso il requisito di ruralità, disposizioni più volte prorogate nel corso degli anni.
            Ebbene, queste misure prevedono che chi possiede uno stavolo o fienile debba rivolgersi ad un tecnico e farsi fare la planimetria dell’immobile che verrà  così censito nel catasto fabbricati.
            Dopo di che il rustico avrà  una propria rendita catastale e potrà avere un uso disgiunto  dal  fondo al quale in origine era destinato a fungere da bene strumentale.
             Quindi, questi immobili diventati un bene autonomo rispetto al fondo agricolo
 saranno più facilmente trasferibili nel mercato della compravendita dei rustici uso casa per villeggiatura.
            Non resta che sperare che una volta terminato il censimento non parta una corsa alla vendita  dei “ tabià” ed alla loro trasformazione in tante abitazioni secondarie di non residenti.
            Le  nostre Amministrazioni comunali ed in modo particolare le Regole, che per statuto sono tenute a tramandare alle generazioni future le antiche tradizioni, debbono esercitare adeguate pressioni sugli enti che regolamentano la materia urbanistica, di modo che quello che rimane del  nostro patrimonio così ricco di storia e tradizione venga assolutamente conservato.
            Specialmente le poche zone rimaste incontaminate e che servono da polmone verde allo sviluppo turistico dei nostri paesi, non devono assolutamente entrare nell’ottica speculativa delle nuove costruzioni o trasformazioni edilizie ad ogni costo, pena l’ulteriore e definitivo impoverimento della montagna e dei sui abitanti.
             Possiamo trovare una recente e sensata regolamentazione in tal senso, nella delibera consigliare del comune di Pieve di Livinallongo dello scorso mese di aprile, decisione con la quale si impone il rispetto di stringenti regole in materia urbanistica a tutela del territorio.
              Come sappiamo anche Cortina da un po’ di tempo ha intrapreso con successo una battaglia per porre un freno alla costruzione delle seconde case per non residenti.
             Ritengo che in molti Comuni cadorini si debba discutere e confrontarsi sull’argomento, per poi prendere una saggia decisione su come muoversi per il futuro.

                                                                                  Gian Antonio Casanova Fuga
                       
           
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