venerdì 2 ottobre 2020

VAJONT - MIO LONTANO RICORDO

 

Tutti ne abbiamo sentito parlare della calamità provocata dalla caduta della frana del monte Toc nella diga del Vajont. La catastrofe avvenne il 9 ottobre 1963. Le distruzioni maggiori si ebbero nei paesi di Casso, Erto, Longarone, Codissago, Castellavazzo, Dogna, Provagna e Faè Fortogna. I giornali, le radio, le televisioni, i filmati e da qualche tempo anche internet ci hanno fatto conoscere i dettagli e vedere le immagini d’ epoca della tragedia che causò quasi duemila vittime.

Ogni anno si fanno le commemorazioni ufficiali con la massime autorità dello Stato e religiose che doverosamente rendono omaggio a chi ha perso la vita in quel doloroso evento. La catastrofe si sarebbe potuto evitare se si fosse dato maggior peso ai segni premonitori e ascoltato la popolazione locale che conosceva da sempre la “fragilità” delle sponde del monte Toc.

Ebbene, allora avevo diciotto anni appena compiuti e vorrei raccontare come io ho vissuto quelle giornate dell’ ottobre 1963. La tragedia è avvenuta la sera alle ore 22,39 di mercoledì, il giorno dopo verso le 9,30 del mattino è entrato nel nostro bar Selmo dla Armelina ( Cesco Bolla Anselmo )l’idraulico del paese che abitava a Cima Mare con la moglie Noemi, ( egli aveva due figlie Luisa e Clara che lavoravano a Milano) . Selmo era cliente abituale del bar, anche perché le nostre famiglie erano in amicizia, dato che la moglie nelle stagioni estive ci dava una mano per la gestione dell’ attività alberghiera.

Ci chiese se avessimo sentito la radio, perché correva voce che si era rotta la diga del Vajont ( così di diceva in un primo momento ), solo dopo, si è saputo che era caduta una frana di circa 270 milioni di m³. nel bacino ed aveva provocato la tremenda ondata fuoriuscita dallo sbarramento della diga. Eravamo presenti io, mio pa e mia mamma e restammo impietriti nel sentire la notizia, subito accendemmo la radio e il“comunicato” delle ore 10,00 ( così si chiamava allora il radiogiornale) ci confermò quanto era avvenuto. Naturalmente la notizia della distruzione di Longarone in poche ore fece il giro del mondo, tanto è vero che il sabato successivo era tornato a casa in permesso straordinario Marino, al fi de Flize d Coco e Luzieta, nostro vicino di casa che lavorava in Germania. Il giorno dopo, domenica pomeriggio, Marino ha invitato me e Rodolfo il fratello di Resi la moglie di Gidio dal barachin ad andare con lui in macchina fino a Longarone per vedere di persona quanto era successo. Ricordo che a Pieve c’era un posto di blocco e ci hanno fatto deviare per Sottocastello per raggiungere la statale a Tai.

Ho memoria che sulla prima casa subito dopo l’ albergo Progresso era appesa la bandiera della Croce Rossa Italiana. Infatti, ho poi saputo che Pieve era stato il primo punto da dove erano partiti i soccorsi, in quanto Longarone non era raggiungibile da Belluno perché era stato asportato il ponte sul Maè.

Un volta arrivati a Castellavazzo ci siamo dovuti fermare ed a piedi abbiamo proseguito fino alle prime case di Longarone. Grande desolazione e un odore acre di melma. Si vedevano tanti giovani militari ( Alpini ) che aiutavano i supestiti a recuperare ricordi e/o qualche masserizia dalle case distrutte. C’erano anche molti mezzi meccanici, camion e pachere che stavano lavorando per rimuovere macerie e creare una pista al posto della statale di Alemagna che era stata completamente asportata. Ho visto i binari del treno completamente aggrovigliati come fossero delle corde di canapa. E in fondo al paese distrutto si notava il campanile di Pirago che era rimasto in piedi completamente isolato in mezzo a tanta distruzione.

Mentre osservavamo tutte queste cose, ad un certo punto si è sparsa la voce (fasulla ) che si era rotta la diga, la gente che si trovava in strada presa da una sorta di panico collettivo si è messa a correre per mettersi in salvo. Era una notizia falsa ( fake news ) si direbbe oggi. Sono cose che possono succedere in situazioni di grande stress e dolore che mettono alla prova tante persone.

In questa tragedia anche il paese di Mare ha avuto la sua vittima: si chiamava Ada Comis, figlia di Gigi e della maestra Comis, sorella di Marucci e Nino. Ada aveva 25 anni e lavorava a Longarone come assistente sanitaria, il suo corpo è stato ritrovato a Sedico e successivamente sepolto a San Pietro.

Gian Antonio Casanova Fuga


1 commento: