martedì 29 dicembre 2020

LA DIGA DEL TUDAIO

 

Già da parecchi lustri ( 31 luglio 1986 ) chi transita da e per il Comelico, non percorre più la ex strada statale 52 carnica dove si trovava e si trova tuttora la diga dla val; così era ed è conosciuto nei nostri paesi il lago artificiale creato nel 1931 nella forra tra il monte Tudaio e il monte Piedo.

L’ invaso fu realizzato novanta anni fa in contemporanea con la diga di Santa Caterina di Auronzo, entrambi dovevano fornire quell’energia idraulica necessaria a far funzionare la centrale idroelettrica di Pelos. La diga fu costruita a volta unica e venne gettata a tempo di record nel periodo luglio-ottobre 1931; con un volume di calcestruzzo ad alta resistenza del tipo Portland. Nelle fondazioni fu usata una dosatura di 350 kg di cemento per metro cubo di impasto. Furono impiegati trenta milioni di m³ di calcestruzzo e l’ opera fu realizzata con getti continui che raggiunsero punte di 75.000 m³ nelle 24 ore.

La diga una volta finita avrà le seguenti dimensioni: altezza 44,50 m. lunghezza 113 m., volume dell’acqua contenuta nel bacino trenta milioni di mc³.

Dato che la superficie del bacino imbrifero del Piave a monte dello sbarramento è di circa 400 km² per scaricare l’ afflusso d’ acqua delle piene furono realizzati dei sfioratori a bicchiere in cemento armato disposti su due gruppi. Uno a monte con otto bicchieri ellittici con una bocca di 6 x 3 m. e altri quatto a valle di cui tre identici ai precedenti, mentre il quarto fu realizzato a forma rettangolare. Tutti gli sfioratori sono colleganti a delle bocche di areazione per evitare depressioni dannose alla struttura della diga. Fu altresì realizzata una luce secondaria per convogliare a valle legna e materiali trasportati dal fiume. Furono poi create la paratoia dello scarico di fondo e anche una paratoia di scarico di mezzo fondo da 3,50 x 6,00 m. a quota 820, atta a smaltire 150 m³/s. Infine, sulla sponda orografica destra fu costruita la cabina di manovra dove fu sistemata la strumentazione per la corretta gestione del bacino in ogni situazione meteorologica. Fu anche costruita una casa per i guardiani dell’ impianto che si trova tuttora in buono stato di conservazione. In seguito alla realizzazione della Galleria Comelico all’ interno della stessa fu creato un tunnel di servizio che collega la galleria principale con il lago artificiale e serve al personale ENEL per raggiunge con celerità l’ impianto per i periodici controlli sul posto.

Dopo aver descritto con dettagli tecnici ( anche un po’ noiosi) la costruzione della diga dla Val, non posso non ricordare il pericolo che hanno corso i paesi di fondovalle del Comelico Inferiore nei primi anni Cinquanta. C’era infatti un progetto della SADE spa, fortunatamente non andato in porto, di costruire una diga alta circa trenta metri nella Val Visdende con uno sbarramento a Cima Canale. Si può ancora vedere la galleria lunga un centinaio di metri sulla sponda destra del torrente che penetra per un centinaio di metri nel Col Curié. L’opera in corso di realizzazione da parte dell’ impresa Monti di Auronzo si fermò perché le trivelazioni effettuate sul terreno poco dietro l’ albergo da Gasperina portarono alla luce l’ esistenza di un lago o comunque di un bacino naturale d’ acqua nel sottosuolo. Pertanto, procedere con i lavori di costruzione della diga sarebbe stato molto ma molto pericoloso.

Infatti, i macchinari per i sondaggi ( trivelle ecc. ) con le prime perforazioni vennero completamente inghiottite da una risorgiva creatasi in seguito alla rottura della crosta superficiale del terreno. Tanto è vero che la zona fu recintata e resa inidonea al pascolo per moltissimi anni. Anche i Sindaci e i Capi Regola del Comelico, ed in particolare quelli di San Pietro e di Santo Stefano erano giustamente preoccupati della situazione di grave pericolo che si poteva determinare per le persone e i beni degli abitanti dei paesi a valle dello sbarramento, se la costruzione della diga fosse andata avanti.

Quindi, in una riunione congiunta nel municipio di Santo Stefano decisero di presentare con il tramite e con l’ appoggio dell’ Amministrazione Provinciale di Belluno -commissione per la tutela delle bellezze naturali-, un’ istanza al Ministero per ottenere il vincolo panoramico sulla Val Visdende. Tale atto amministrativo congiunto serviva ad ostacolare la costruzione del manufatto. La richiesta venne accolta, e in data 18 giugno 1958 fu emanato un decreto dal MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE di concerto con il CONSIGLIO DEI MINISTRI-Commissariato per il Turismo -che dichiarava la Val Visdende zona di interesse paesaggistico nazionale. Pertanto, sia per le sopraggiunte e impreviste difficoltà tecniche, sia per il nuovo vincolo sui terreni interessati dall’ espansione del lago artificiale, la società elettrica dovette prenderne atto e rinunciare a creare il bacino idroelettrico artificiale. Penso, che lo scampato pericolo per i nostri paesi sia stato grande, se prendiamo a paragone quanto è successo alcuni anni dopo nella valle del Vajont. Molte di queste cose le ho sentite raccontare da Pacio Subiòto ( Placido Soravia Gnocco ) che a quei tempi abitava a Cima Canale ed era guardiano del cantiere dell’impresa Monti.

Gian Antonio Casanova Fuga

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