La bella foto di San Pietro e Stavel tratta dalla raccolta di Ernesto Pradetto Roman pubblicata sul nostro bollettino parrocchiale n. 2 / 2020; nella quale si vede bene la vecchia strada che sale a Costalta, mi ha fatto ricordare che sul finire degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, la carrabile di allora fu allargata e resa più comodamente percorribile con il lavoro manuale ( pala, picco e carriola, - non mezzi meccanici- ) dal cantiere scuola.
La strada che porta a Costalta dall’ Ota dla Pala in su era stata rifatta su un tracciato ex novo a cura e spese della Regola di Sant’ Anna.
Vi aveva lavorato l’ impresa Dal Zuffo di Feltre e l’ opera era terminata nella seconda metà degli anni Cinquanta.
Rimaneva da allargare il tratto Ponte Rin Ota dla Pala.
Pertanto, anche l’ Amministrazione comunale di San Pietro si era avvalsa della normativa nazionale che con legge del 4/5/1951 n. 456 dava la possibilità alle persone involontariamente disoccupate di svolgere un lavoro stagionale, portando a casa una busta paga, anche se modesta.
In dialetto chi lavorano su questi cantieri veniva identificato come quelli della Tot.
La gente associava il modo di lavorare e le ore di lavoro giornaliero con quanto avveniva poco meno di venti anni prima nei cantieri creati dall’ Organizzazione Todt; impresa di costruzioni della Germania nazista nei vari paesi occupati dalla Wehrmacht.
Ricordo alcuni compaesani di Mare, San Pietro,Valle, Presenaio e Costalta che lavoravano in questo cantiere.
Avevano meno di sessanta anni, ma per aggiungere altre ( marchette), così si chiavavano allora i contributi previdenziali, alla loro posizione INPS e maturare il minimo per andare in pensione, erano ben contenti di prestare la loro opera per l’allargamento della strada dal Gió d Rin.
A quel tempo servivano 35 annualità di contribuzione INPS per poter maturare la pensione di anzianità e sessant’anni di età per la pensione di vecchiaia.
Erano muratori, carpentieri e manovali con buona esperienza nel settore edile ed in gioventù avevano lavorato in diversi posti in Italia ed in giro per il mondo.
A noi adolescenti di allora sembravano già dei “ vecchi” e ogni tanto al bar, ci si divertiva a lanciare qualche “sfottò”, ( in modo bonario e mai offensivo ), a chi dopo la giornata di lavoro aveva bevuto qualche bicchiere di più e si vantava delle cose fatte durante il proprio turno di lavoro.
All’ epoca erano permessi questi piccoli scherzi nella vita paesana; scherzi che erano tollerati dalle persone coinvolte e finivano in una sana e liberatoria risata, oltre ad una altro gòto (bicchiere) di vino rosso.
Gian Antonio Casanova Fuga
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